Diritto civile

Rafting e responsabilità dell’organizzatore in caso di infortuni dei partecipanti: Cassazione n. 18903/2017

Inquadramento normativo. L’organizzazione di eventi sportivi di rafting rientra nell’ambito delle cd. attività pericolose di cui all’art. 2050 c.c. in base al quale “chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

La norma si riferisce sia alle attività pericolose tipizzate, nel codice o in leggi speciali, sia a quelle che siano tali per la loro attitudine a produrre un rischio, definite attività pericolose atipiche (tra cui appunto il rafting).

La qualifica di un'attività come "pericolosa", ai sensi dell'art. 2050 c.c., dipende unicamente dal contenuto intrinseco di essa, a nulla rilevando né che alcuna norma di legge la qualifichi come pericolosa, né che sia svolta senza fine di lucro o per fini filantropici (cfr. Cass. n. 12900/2012).

Incombe sul danneggiato l'onere della prova dell'intercorrenza del nesso causale tra evento lesivo ed attività, nonché della natura pericolosa dell'attività stessa; grava invece sul danneggiante l'onere della prova (liberatoria) dell'avvenuta adozione di tutte le cautele necessarie e possibili a scongiurare l'evento, costituita alternativamente dalla colpa macroscopica ed eziologicamente assorbente del danneggiato, oppure dalla dimostrazione del caso fortuito, ricorrente allorquando il fatto, per le modalità in cui si è svolto, o per la sua imprevedibilità ed inevitabilità, ha reso vana ogni cautela (cfr. Cass. n. 12307/98; Cass. n. 4710/91).

La giurisprudenza è particolarmente rigorosa nella prova liberatoria richiesta (dimostrazione di “avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”), per cui si arriva a sostenere che si tratta di un'ipotesi di responsabilità oggettiva o, quantomeno, aggravata[1].

Non basta all’organizzatore la prova negativa di non aver commesso alcuna violazione delle norme di legge o di comune prudenza, ma occorre quella positiva di aver impiegato ogni cura o misura atta ad impedire l'evento dannoso; ne consegue che anche il fatto del danneggiato o del terzo può produrre effetti liberatori solo se per la sua incidenza e rilevanza sia tale da escludere, in modo certo, il nesso causale tra attività pericolosa e l'evento.

Il fatto. Una signora, riportando lesioni personali a seguito di una gita di rafting, proponeva azione risarcitoria nei confronti del club sportivo organizzatore. In particolare l’attrice lamentava di aver riportato danni alla persona, in occasione dell’evento di rafting, poiché, dietro l’incitamento dell'organizzatore, si era lanciata da un ponte in un torrente riportando la frattura di un piede.

La domanda veniva parzialmente accolta dal Tribunale che accertava la concorrente responsabilità della danneggiata nella misura di un terzo, con decisione integralmente confermata dalla Corte d'Appello competente.

Il club sportivo proponeva ricorso per cassazione della predetta sentenza.

La soluzione della Suprema Corte. La Corte di Cassazione, confermando la decisione del Giudice di appello, con la pronuncia in commento ha chiarito che l'organizzatore di una attività sportiva che abbia caratteristiche intrinseche di pericolosità, o che inserisca in un'attività sportiva di per sé non pericolosa passaggi di particolare difficoltà, in cui il rischio di procurarsi danni alla persona per i partecipanti dotati di capacità sportive medie sia più elevato della media, debba, nell'ambito della diligenza dovuta per l'esecuzione della propria obbligazione contrattuale, illustrare la difficoltà dell'attività o del relativo passaggio e predisporre cautele adeguate a che quel particolare passaggio, se affrontato, sia nondimeno svolto da tutti i partecipanti in condizioni di sicurezza.

L'organizzatore di attività sportive con caratteristiche di pericolosità quali il rafting, infatti, si trova in una posizione di protezione nei confronti dei soggetti che a lui si rivolgono per praticare tale attività sportiva pericolosa.

Dalla predetta posizione di garanzia deriva a carico dell’organizzatore, per andare esente da responsabilità, l’obbligo di adottare tutte le cautele necessarie per contenere e non aggravare il rischio e di impedire che siano superati i limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva (cfr. Cass. Pen. n. 3446/ 2004, proprio a proposito del rafting; Cass. Pen. n. 16998/2006, Cass. Pen n. 22037/2015).

Avv. Jacopo Alberghi

 

[1] AA.VV., Codice Civile Esplicato, Gruppo Editoriale Simone, 2017