La controversia in esame riguarda le conseguenze risarcitorie (cd. quantum) dell'infortunio mortale sul lavoro occorso ad un lavoratore dipendente, purtroppo deceduto due giorni dopo l'infortunio e in conseguenza di esso, all'età di 48 anni, in relazione al quale venivano accertate responsabilità penali ed erogate, in favore dei superstiti, le prestazioni di legge da parte di INAIL e INPS, nonché somme a titolo di acconto.
Opportuno, preliminarmente, premettere alcuni principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine al riconoscimento del danno differenziale a favore del lavoratore infortunato, nonché ricordare i criteri da adottarsi per il raffronto tra risarcimento del danno (civilistico) ed indennizzo erogato dall'INAIL.
La differenza strutturale e funzionale tra l'erogazione INAIL del D.Lgs. n. 38 del 2000, ex art. 13 e il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici preclude di poter ritenere che le somme eventualmente a tale titolo versate dall'istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno in capo al soggetto infortunato od ammalato (cfr. Cass. n. 9112/2019).
La diversità ontologica tra l'istituto assicurativo e le regole della responsabilità civile trova un riscontro sul piano costituzionale, posto che i due rimedi rinvengono ciascuno un referente normativo diverso: la prestazione indennitaria risponde agli obiettivi di solidarietà sociale cui ha riguardo l'art. 38 Cost., mentre il rimedio risarcitorio, a presidio dei valori della persona, si innesta sull'art. 32 Cost..
L'assicurazione INAIL non copre tutto il danno biologico conseguente all'infortunio o alla malattia professionale ed ammettere il carattere assorbente della prestazione indennitaria (per effetto della rimodulazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13) implicherebbe una riduzione secca del livello protettivo, sia rispetto alle potenzialità risarcitorie del danno biologico sia a confronto con il ristoro accordato a qualsivoglia vittima di un evento lesivo (cfr. Cass., Sez. Lav., n. 777 del 2015; Cass., Sez. Lav., n. 19973, Cass., Sez. Lav., n. 23263, entrambe del 2017).
Come è noto, il nostro ordinamento riconosce la categoria del danno patrimoniale (art. 1223 c.c.) e quella del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c., art. 185 c.p.).
A partire dall'interpretazione affermata dalle c.d. "sentenze di San Martino" del 2008 (segnatamente, v. Cass., Sez. Un., n. 26972 del 2008), il danno non patrimoniale costituisce una categoria di danno unitaria, che ricomprende in sè tutte le possibili componenti di pregiudizio non aventi rilievo patrimoniale (tra le tante, Cass., Sez. III, n. 4043 del 2013; Cass., Sez. III, n. 15491 del 2014; Cass., Sez. III, n. 3505 del 2016), da liquidarsi, dunque, in modo omnicomprensivo, evitando duplicazioni risarcitorie (Cass., Sez. III, n. 9320 del 2015; Cass., Sez. III, n. 16992 del 2015); la natura unitaria della categoria non va intesa nel senso di escludere la possibilità di rilevare, all'interno di essa, le diverse componenti che la formano, componenti riconosciute dalle stesse Sezioni Unite.
Con specifico riguardo alla nozione di danno biologico nell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e ai relativi rapporti con le altre voci di danno rientranti nella categoria del danno non patrimoniale, nell'ambito della categoria del danno non patrimoniale (categoria giuridicamente, anche se non fenomenologicamente, unitaria), vi sono alcune voci escluse in apicibus dalla copertura assicurativa INAIL (c.d. danno complementare, definito pure differenziale qualitativo, in relazione al quale non sussiste copertura assicurativa INAIL): il danno biologico temporaneo, il danno biologico in franchigia (fino al 5%), il danno morale.
Invero, il D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, include nell'indennizzo erogato dall'INAIL esclusivamente il danno biologico, inteso come "lesione - pari o superiore al 6% all'integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona" valutata secondo una specifica Tabella delle menomazioni (ossia delle percentuali di invalidità permanente, redatta dal Ministero del Lavoro) "comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali".
Se, dunque, la definizione di danno biologico che si ricava dal D.Lgs. n. 38, comprende sia la lesione statica che le ripercussioni dinamico-relazionali nella vita del danneggiato, dalla nozione legislativa appaiono senz'altro escluse voci che concorrono pur sempre a costituire il danno non patrimoniale: le lesioni all'integrità psicofisica di natura transitoria (il danno biologico temporaneo), le lesioni sotto una determinata soglia minima, il danno morale ossia la sofferenza interiore (ad esempio il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sè, la paura, la disperazione) che non ha base organica ed è estranea alla determinazione medico-legale.
Considerato, dunque, che la nozione di danno biologico in senso omnicomprensivo, quale lesione alla salute, comprende, secondo i criteri civilistici, la lesione medico legale (ossia la perdita anatomica o funzionale), il danno dinamico-relazionale (sia nei suoi aspetti ordinari, comuni a qualunque persona con la medesima invalidità, sia in quelli peculiari, specifici del caso concreto), e tutti i conseguenti pregiudizi che la lesione produce sulle attività quotidiane, personali e relazionali (cfr., da ultimo, su tale nozione, Cass., Sez. III, n. 7513 e n. 23469 del 2018), può ritenersi, in ossequio alla nozione unitaria di danno non patrimoniale, correttamente comparabile il danno biologico, valutato in senso civilistico, con l'indennizzo del danno biologico liquidato dall'INAIL ai sensi del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, trattandosi di poste omogenee (sul computo per poste omogenee, cfr. Cass., Sez. III, n. 13222 del 2016; Cass., Sez. Lav., n. 20807 del 2016; Cass., Sez. Lav., 9166 del 2017).
Peraltro, in aderenza al criterio dell'integrità del risarcimento (ribadito dalle Sezioni Unite nel 2008), i pregiudizi che non attengono alla lesione della salute ma che afferiscono pur sempre alla persona e che integrano, pertanto, un danno non patrimoniale in quanto conseguono alla lesione di altri interessi costituzionalmente tutelati, vanno liquidati separatamente.
Insomma, se - da una parte - la ribadita adesione alla nozione unitaria di danno non patrimoniale affermata nel 2008 dalle Sezioni Unite impone di considerare in maniera omogenea e omnicomprensiva la lesione di interessi inerenti la persona (con riguardo alle menomazioni subite, all'incidenza negativa sugli aspetti dinamico-relazionali della persona, alla sofferenza interiore e al sentimento di afflizione), evitando la proliferazione di voci di danno, - dall'altra parte - il principio di integralità del relativo risarcimento esige che il raffronto tra responsabilità civile e tutela previdenziale tenga conto degli aspetti chiaramente estranei all'oggetto dell'assicurazione sociale.
In sintesi, il raffronto tra risarcimento del danno civilistico ed indennizzo erogato dall'INAIL va effettuato secondo un computo per poste omogenee: vanno, dapprima, distinte le due categorie di danno (patrimoniale e non patrimoniale); il danno patrimoniale calcolato con i criteri civilistici va comparato alla quota INAIL rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato (volta all'indennizzo del danno patrimoniale); in ordine al danno non patrimoniale, effettuato il calcolo secondo i criteri civilistici, vanno, dapprima, espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) che spettano interamente al danneggiato e, poi, dall'ammontare complessivo del danno non patrimoniale così ricavato (corrispondente al danno biologico) va detratto (non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'INAIL, ma solo) il valore capitale della quota della rendita INAIL destinata a ristorare, in forza del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, il danno biologico stesso.
In ottemperanza e conformemente a detti principi, la Suprema Corte, con la recentissima pronuncia in commento, ha confermato che: “in tema di danno cd. differenziale, la diversità strutturale e funzionale tra l'erogazione INAIL ex art. 13 del D.Lgs. n. 38 del 2000 ed il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici non consente di ritenere che le somme versate dall'istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del pregiudizio subito dal soggetto infortunato o ammalato, con la conseguenza che il giudice di merito, dopo aver liquidato il danno civilistico, deve procedere alla comparazione di tale danno con l'indennizzo erogato dall'INAIL secondo il criterio delle poste omogenee, tenendo presente che detto indennizzo ristora unicamente il danno biologico permanente e non gli altri pregiudizi che compongono la nozione pur unitaria di danno non patrimoniale; pertanto, occorre dapprima distinguere il danno non patrimoniale dal danno patrimoniale, comparando quest'ultimo alla quota INAIL rapportata alla retribuzione e alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato; successivamente, con riferimento al danno non patrimoniale, dall'importo liquidato a titolo di danno civilistico vanno espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) per poi detrarre dall'importo così ricavato il valore capitale della sola quota della rendita INAIL destinata a ristorare il danno biologico permanente (Cass. n. 9112-2019); ciò in linea con la ricostruzione costituzionalmente orientata del sistema in termini coerenti con la struttura bipolare del danno-conseguenza, operando un computo per poste omogenee, sicché, dall'ammontare complessivo del danno biologico, va detratto non già il valore capitale dell'intera rendita costituita dall'INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell'assicurato, volta all'indennizzo del danno patrimoniale (Cass. n. 20807-2016; cfr. anche, Cass. n. 13819-2017 nonché, in comparazione con il sistema previgente all'ambito temporale di applicazione del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13,Cass. n. 777 del 2015, n. 4025 del 2016, e, in riferimento alle modifiche introdotte dalla L. n. 145 del 2018, Cass. n. 8580 del 2019); ed in coerenza con il principio per cui, in tema di responsabilità civile del datore di lavoro, la liquidazione del danno alla salute conseguente ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale va effettuata secondo i criteri civilistici e non sulla base delle tabelle di cui al D.M. n. del 12 luglio 2000, deputate alla liquidazione dell'indennizzo INAIL ex D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, in ragione della differenza strutturale e funzionale tra tale indennizzo e il risarcimento del danno civilistico, salvo, poi, detrarre d'ufficio quanto indennizzabile dall'INAIL, anche indipendentemente dalla effettiva erogazione (Cass. n. 22021-2022)”.
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Sentenze tratte dalla Banca Dati Dejure-Giuffrè Francis Lefebvre che si ringrazia per la gentile disponibilità e collaborazione.
Avv. Jacopo Alberghi
Foro della Spezia