Diritto penale

Resistenza a pubblico ufficiale, secondo le Sezioni Unite configurabile il concorso formale di reati nel caso di condotta di violenza o minaccia nei confronti di più pubblici ufficiali

 

Cassazione, Sez. Unite, 22/2/2018, n. 40981, Presidente: M. Di Tomassi, Relatore: U. De Crescienzo

 

Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno affermato che “in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra il concorso formale di reati, ai sensi dell’art. 81, comma primo, cod. pen., la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio mentre compiono un atto del proprio ufficio o servizio”.

Come è noto, secondo dottrina e giurisprudenza di diritto amministrativo, la pubblica amministrazione è unanimemente intesa come organizzazione complessa costituita sia dai beni materiali strumentali al raggiungimento delle finalità pubbliche, sia dalle persone che per essa agiscono. La relazione giuridica intercorrente tra la persona fisica che ricopre l'ufficio o la funzione pubblica e la pubblica amministrazione è definito "rapporto organico" che determina l'identificazione della persona fisica incardinata nell'ufficio o nel servizio pubblico con la stessa pubblica amministrazione, sicché il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio è esso stesso pubblica amministrazione costituendo lo strumento della sua estrinsecazione nel mondo giuridico tanto sul piano volitivo che su quello esecutivo. Nel campo del diritto penale, ricorda la Suprema Corte, il testo dell'art. 357 c.p. ricalca la ricostruzione giuridica prima esposta ricollegando la figura del pubblico ufficiale e dell'incaricato di un pubblico servizio al concreto esercizio della funzione o del servizio secondo un modello definitorio che esclude l'esistenza di un'alterità tra persona incardinata nella p.a. e quest'ultima. Ne deriva che il "regolare andamento della pubblica amministrazione" implica, non solo la mancanza di manomissione dei beni pubblici o la loro distrazione per il perseguimento di scopi diversi da quelli istituzionali, ma anche la mancanza di interferenze nel procedimento volitivo od esecutivo di colui che, incardinato nella amministrazione, la personifica essendo espressione di volontà di quest'ultima. Pertanto l'interesse al normale funzionamento della pubblica amministrazione va inteso in senso ampio, in quanto in esso si ricomprende anche la sicurezza e la libertà di determinazione e di azione degli organi pubblici, mediante la protezione delle persone fisiche che singolarmente o in collegio ne esercitano le funzioni o ne adempiono i servizi, così come previsto dagli artt. 336,337 e 338 c.p..

Le argomentazioni spese a sostegno della tesi per la quale l'opposizione sarebbe nei confronti dell'atto e non del pubblico ufficiale, secondo le Sezioni Unite, non possono essere, perciò, ritenute valide, perché da un lato, non tengono conto della descrizione dell'illecito come configurato dal testo della norma e dall'altro, sul piano logico-giuridico, anche quando fanno riferimento all'interesse protetto, non evocano argomenti idonei a superare la lettera della legge.

In conclusione le Sezioni Unite hanno espresso il seguente principio di diritto: "in tema di resistenza a un pubblico ufficiale, ex art. 337 c.p., integra il concorso formale di reati, a norma dell'art. 81 c.p., comma 1, la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio mentre compiono un atto del loro ufficio o servizio".

Di seguito il testo integrale della sentenza, clicca QUI

 

Fonte: http://www.cortedicassazione.it/corte-di-cassazione/it/homepage.page

 

Avv. Jacopo Alberghi – Avvocato del Foro della Spezia