Trattasi di interessante pronuncia del 2018, emessa dal Giudice di Pace di La Spezia, in materia di reati da circolazione stradale, riguardante il caso di un nostro assistito imputato del reato di cui all’art. 590 c.p., per fatti anteriori alla entrata in vigore della Legge 41/2016.
Nel caso in questione, l'imputato, alla guida di un'autovettura, percorrendo una strada statale, investiva un pedone in fase di attraversamento, il quale riportava la frattura del bacino.
Il conducente l’autovettura, nostro assistito, era quindi accusato di lesioni colpose a seguito di incidente stradale.
Svoltasi l’istruttoria dibattimentale, il P.M. concludeva per la condanna del conducente l’autovettura mentre la difesa dell’imputato insisteva per l’assoluzione dello stesso perché il fatto non costituisce reato, chiedendo in subordine il minimo della pena.
Nel caso pratico in esame assume rilevanza il c.d. “principio di affidamento”, applicabile, come è noto, anche nell'ambito dei reati colposi commessi a seguito di violazione di norme sulla circolazione stradale.
Il c.d. "affidamento" in campo penale costituisce applicazione del più generico principio del rischio consentito, oltre che "vera e propria pietra angolare della tipicità colposa", da riconoscere, in particolare, sia in relazione alla colpa specifica che generica, con riferimento al requisito della prevedibilità in concreto (cfr. Cass. n. 46741/2009 – R. Russo, Sul Principio di affidamento in materia di Circolazione Stradale, in DeJure.it).
Dover continuamente tener conto delle altrui possibili violazioni della diligenza imposta avrebbe come risultato quello di paralizzare ogni azione, i cui effetti dipendano anche dal comportamento altrui.
Al contrario, l'affidamento è in linea con la diffusa divisione e specializzazione dei compiti ed assicura il migliore adempimento delle prestazioni a ciascuno richieste. Nell'ambito della circolazione stradale esso assicura la regolarità della circolazione, evitando l'effetto paralizzante di dover agire prospettandosi tutte le altrui possibili trascuratezze. Il principio, d'altra parte, si connette pure al carattere personale e rimproverabile della responsabilità colposa, circoscrivendo entro limiti plausibili ed umanamente esigibili l'obbligo di rapportarsi alle altrui condotte (cfr. Cass. n. 46741/2009).
Pacificamente, la possibilità di fare affidamento sull'altrui diligenza viene meno quando l'agente è gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi; o quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività.
In tema di circolazione stradale la tendenza è quella di escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull'altrui correttezza.
Si afferma, infatti, che poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente.
In tale contesto trova applicazione il “principio di affidamento” che impone di valutare, ai fini della sussistenza della colpa, se, nelle condizioni date, l'agente dovesse e potesse concretamente prevedere le altrui condotte irregolari (cfr. Cass. 46741/2009).
Del resto, la giurisprudenza della Suprema ha in numerose occasioni sottolineato il ruolo fondante della prevedibilità ed evitabilità (in concreto) dell'evento, anche nell'ambito della circolazione stradale che qui interessa (cfr. Cass. 26131/2008; Cass. n. 5691/2016: “in tema di circolazione stradale, il principio dell'affidamento trova un temperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità”).
Per escludere dunque la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone, è necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista ed imprevedibile dell'evento, causa da sola sufficiente a produrlo (cfr. Cass. n. 39474/2016; ex multis Cass. n. 10635/2013).
Nel caso in esame, l’impianto accusatorio si reggeva sulle dichiarazioni della persona offesa e su quelle di una testimone, la quale riferiva di aver assistito al sinistro, sostenendo che il pedone sarebbe stato investito sulle strisce pedonali e successivamente sbalzato a diversi metri di distanza.
Tuttavia, in sede di controesame della predetta testimone, svolto dalla difesa dell’imputato, emergevano alcune incongruenze.
In particolare, come condivisibilmente rilevato dal Giudice nella sentenza in commento, “le dichiarazioni della ***** a prima vista, parrebbero decisive in ordine alla responsabilità del ***** ma la sua attendibilità è limitata da alcune dichiarazioni poco credibili. Appare poco plausibile che chi assiste ad un sinistro simile si allontani senza neppure soccorrere una persona con evidenti lesioni fisiche perché aveva degli impegni, soprattutto in quanto la persona infortunata era a lei conosciuta (…). Altrettanto poco credibile che la ***** non abbia neppure atteso i soccorsi e di non aver parlato con nessuno nonostante avesse assistito ad un sinistro di certa gravità”.
Fondamentale, per la risoluzione del caso in esame, era poi la ricostruzione della dinamica del sinistro operata dagli Agenti di Polizia Stradale intervenuti, escussi come testimoni durante l’istruttoria dibattimentale.
In tale sede emergeva come la persona offesa, in base sia ai rilievi, sia alle tracce ematiche riscontrate sul posto, avesse intrapreso l’attraversamento al di fuori delle strisce pedonali e che l’impatto con il veicolo condotto dall’imputato fosse risultato lieve, tanto da non cagionare “danni di alcun genere, né segni di asportazioni di polvere o sporco” al mezzo.
Il comportamento del pedone era ritenuto dagli Agenti come “manovra imprevedibile”.
Alla luce di quanto sopra, conformemente al filone giurisprudenziale in base al quale “nei reati colposi conseguenti a incidenti stradali è esclusa la responsabilità del conducente quando il fatto illecito altrui, ed in particolare della vittima, configuri per le sue caratteristiche una vera causa eccezionale, atipica e non prevedibile che sia stata da sola sufficiente a provocare l’evento” (cfr. Cass. n. 28615/2013), il Giudice di Pace di La Spezia, non riteneva raggiunta la certezza della colpevolezza dell’imputato in ordine all’art. 590 c.p. e, conseguentemente, pronunciava sentenza di assoluzione nei confronti del nostro assistito.
Avv. Jacopo Alberghi Dott. Elia Sarpi