La Cassazione penale, Sez. V., con sentenza n. 8736/2018, nell'ambito di un processo per diffamazione continuata, perpetrata attraverso la pubblicazione di articoli on line, ha confermato che "in tema di prova documentale, il documento legittimamente acquisito in copia è soggetto alla libera valutazione da parte del giudice, assumendo valore probatorio, anche se privo di certificazione ufficiale di conformità e pur se l'imputato ne abbia disconosciuto il contenuto".
La Suprema Corte ha infatti chiarito che l'estrazione di dati archiviati in un supporto informatico non costituisce accertamento tecnico irripetibile, anche dopo l'entrata in vigore della L. 18 marzo 2008, n. 48, che ha introdotto unicamente l'obbligo per la polizia giudiziaria di rispettare determinati protocolli di comportamento, senza prevedere alcuna sanzione processuale in caso di mancata loro adozione, potendone derivare, invece, eventualmente, effetti sull'attendibilità della prova rappresentata dall'accertamento eseguito (cfr. Cass. n. 11905/2015; Cass. n. 29061/2015).
I dati di carattere informatico contenuti nel computer, in quanto rappresentativi di cose, rientrano tra le prove documentali (cfr. Cass. n. 37419/2012) e l'estrazione dei dati è una operazione meramente meccanica, sicchè non deve essere assistita da particolari garanzie.
Gli Ermellini inoltre ricordano come, recentemente, si è ritenuto che i fotogrammi scaricati dal sito internet "Google Earth", costituiscano prove documentali pienamente utilizzabili ai sensi dell'art. 234 c.p.p., comma 1 o art. 189 c.p.p. (Cass. n. 48178/2017).
La possibilità di acquisire un documento e di porlo a fondamento della decisione prescinde dal fatto che provenga da un pubblico ufficiale o sia stato autenticato. Qualunque documento legittimamente acquisito è soggetto alla libera valutazione da parte del giudice ed ha valore probatorio, pur se privo di certificazione ufficiale di conformità e pur se l'imputato ne abbia disconosciuto il contenuto (Cass. n. 52017/2014).
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Avv. Jacopo Alberghi