Diritto civile

Validi i mutui che richiamano l’Euribor se manca la prova della condotta illecita con alterazione del tasso di interesse (Cass. civ. 12007/2024)

Interessante pronunciamento della Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione in materia di contratti di mutuo e determinazione del tasso di interesse, con cui la Corte aderisce alle conclusioni della Procura generale, superando il proprio contrario precedente del 2023.

Con la sentenza in esame, risalente allo scorso maggio, dando l’idea di voler porre un argine agli effetti che avrebbero potuto derivare dal vecchio orientamento, gli Ermellini hanno stabilito che “I contratti di mutuo contenenti clausole che, al fine di determinare la misura di un tasso d'interesse, fanno riferimento all'Euribor, stipulati da parti estranee ad eventuali intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza dirette alla manipolazione dei tassi sulla scorta dei quali viene determinato il predetto indice, non possono considerarsi contratti stipulati in "applicazione" delle suddette pratiche o intese, in mancanza della prova della conoscenza di queste ultime da parte di almeno uno dei contraenti (anche a prescindere dalla consapevolezza della loro illiceità) e dell'intento di conformare oggettivamente il regolamento contrattuale al risultato delle medesime intese o pratiche; pertanto, va esclusa la sussistenza della nullità delle specifiche clausole di tali contratti contenenti il riferimento all'Euribor, ai sensi dell'art. 2 della l. n. 287 del 1990 e/o dell'art. 101 del TFUE”.

In sostanza, le clausole dei contratti di mutuo che, al fine di determinare la misura di un tasso d’interesse, fanno riferimento all’Euribor (ossia l’Euro Interbank Offered Rate, il tasso di riferimento impiegato come parametro dei mutui ipotecari a tasso variabile), possono ritenersi viziate da nullità parziale (originaria o sopravvenuta), per l’impossibilità anche solo temporanea di determinazione del loro oggetto, solamente laddove sia provato che la determinazione dell’Euribor sia stata protagonista, per un certo periodo, di intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza poste in essere da terzi e volte a manipolare detto indice.

A tal fine, è necessario fornire la prova che quel parametro, almeno per un determinato periodo, sia stato oggettivamente, effettivamente e significativamente alterato in concreto, rispetto al meccanismo ordinario di determinazione presupposto dal contratto, in virtù delle condotte illecite dei terzi, al punto da renderlo inidoneo a svolgere la funzione obiettiva ad esso assegnata, nel regolamento contrattuale dei rispettivi interessi delle parti, di efficace determinazione dell’oggetto della clausola sul tasso di interesse.

 

In tale ultimo caso (ferme restando le eventuali azioni risarcitorie nei confronti dei responsabili del danno, da parte del contraente in concreto danneggiato), le conseguenze della parziale nullità della clausola che richiama l’Euribor per impossibilità di determinazione del suo oggetto – limitatamente al periodo in cui sia accertata l’alterazione concreta di quel parametro – e, prima fra quelle, la possibilità di una sua sostituzione in via normativa, qualora non risulti prospettabile ricostruirne il valore “genuino”, ovverosia epurato dell’abusiva alterazione, andranno valutate secondo i principi generali dell’ordinamento.

 

La questione dell’Euribor manipolato ben si presta a rappresentare lo spunto per fare definitivamente chiarezza sul destino dei contratti a valle di un’intesa restrittiva della concorrenza, affrontata anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 41994/2021 in riferimento alle c.d. fideiussioni omnibus a valle di intese anticoncorrenziali (“restrittive della concorrenza”), in occasione della quale si è stabilito come i relativi contratti siano colpiti da nullità parziale, “in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata una diversa volontà delle parti”.

La vicenda trova origine da una decisione della Commissione europea del 2013, con la quale si era accertata l’esistenza di un cartello tra alcune banche europee (Barclays, Deutsche Bank, Société Générale ed il gruppo Royal Bank of Scotland) volto alla manipolazione del tasso Euribor.

Alla luce della decisione della Commissione, era sorto l’interrogativo se questa comportasse la nullità di tutte le pattuizioni che determinano il tasso di interesse ancorandolo all’Euribor nei mutui stipulati tra il 29.11.2005 e il 30.05.2008.

A sostegno della tesi positiva si è espressa la Terza Sezione Civile delle Corte di Cassazione, con ordinanza n. 34889 del 13 dicembre 2023, in occasione della quale ha puntualizzato come sia affetta da nullità la previsione contrattuale che prevede la determinazione del tasso d’interesse in misura variabile con parametrizzazione al saggio Euribor anche se l’istituto mutuante non rientra tra quelli sanzionati per aver preso parte all’intesa manipolativa.

Alcuni Tribunali italiani (tra cui il Tribunale di Milano e quello di Torino), discostandosi dall’interpretazione fornita dalla Corte, hanno continuato a respingere le domande di nullità delle clausole degli interessi parametrati all’Euribor nel Periodo Rilevante e il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria del 7 marzo 2024, ha invitato ad una “rimeditazione” di tale orientamento.

La Procura generale, infatti, nella richiesta di rinvio alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, non condividendo tale conclusione, evidenziava, al contrario, che per ottenere la dichiarazione di nullità del tasso pattuito che rinvia all’Euribor occorre, a maggior ragione ove si voglia agire contro soggetti non partecipanti alle accertate condotte, provare che la condotta illecita sanzionata dalla Commissione ha portato ad una alterazione dell’Euribor. Se si ritiene che tutti i tassi legati all’Euribor debbano essere dichiarati invalidi (per eliminare ogni conseguenza dell’illecito a monte), anche per le banche non coinvolte direttamente nelle pratiche illecite è necessario dimostrare che i tentativi di manipolazione hanno avuto un qualche sia pur minimo effetto concreto sull’Euribor stesso.

In carenza di tale dimostrazione, non sussistono ragioni valide per dichiarare la nullità delle pattuizioni sui tassi che rinviano all’Euribor, qualora tale indice non sia stato effettivamente alterato.

Molti rimangono tuttavia i punti interrogativi che orbitano attorno alla questione in esame, come, ad esempio, se si tratti di nullità tout court o se il tasso che rinvia all’Euribor sia viziato solo nella parte in cui, per effetto della manipolazione, ha subìto un aumento “artificiale”; se il dies a quo della prescrizione dell’azione di ripetizione degli interessi pagati decorra dal pagamento o dalla data di accertamento dell’intesa; o, ancora, se la condotta illecita di un terzo possa effettivamente determinare la nullità – seppur parziale – di un contratto stipulato da chi non ha partecipato all’intesa, ancorché si sia avvantaggiato dei relativi effetti.

 

Avv. Jacopo Alberghi - Dott.ssa Alessia Cassone