La produzione e distribuzione di farmaci è attività soggetta alla speciale disciplina di cui all'articolo 2050 del codice civile che, in tema di esercizio di attività pericolose, prevede che “chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.
La norma in questione si riferisce sia alle attività pericolose tipizzate nel codice civile o in leggi speciali, sia a quelle che siano comunque tali per la loro attitudine a produrre un rischio (cd. attività pericolose atipiche).
La nozione di attività pericolosa, infatti, ai sensi e per gli effetti dell'art. 2050 c.c., non deve essere limitata alle attività tipiche, già qualificate come tali da una norma di legge, ma deve essere estesa a tutte quelle attività che, per la loro stessa natura o per le caratteristiche dei mezzi adoperati, comportino una rilevante possibilità del verificarsi di un danno, dovendosi, di conseguenza accertare in concreto il requisito della pericolosità con valutazione svolta caso per caso, tenendo presente che anche un'attività per natura non pericolosa può diventarlo in ragione delle modalità con cui viene esercitata o dei mezzi impiegati per espletarla. Si ricordi che l'indagine fattuale deve essere svolta seguendo il criterio della prognosi postuma, in base alle circostanze esistenti al momento dell'esercizio dell'attività (cfr. Cass. civ. n. 19180/2018).
La giurisprudenza, come si vedrà, è particolarmente rigorosa nella prova liberatoria richiesta all’esercente, per cui si arriva a sostenere che si tratti di un'ipotesi di responsabilità oggettiva o, quantomeno, aggravata.
La giustificazione dell'aggravamento di colpa di cui alla norma sta nel fatto che in caso di attività pericolose vi è, appunto, un pericolo intrinseco e, quindi, chi svolge l'attività deve farlo con una maggior cautela rispetto ad una attività non rischiosa.
Giova ricordare che la disciplina sui danni da prodotto difettoso e quella di cui all'art. 2050 c.c. hanno una diversa ratio ed una diversa sfera di operatività e la prima non esclude l'applicazione della seconda. Pertanto, la produzione e commercializzazione di un farmaco che non sia difettoso ai sensi della disciplina contenuta nel Codice del consumo può comunque qualificarsi come attività pericolosa nella accezione accolta dal codice civile, con conseguente regime probatorio.
Ai fini della prova liberatoria, idonea ad escludere la responsabilità ex art. 2050 c.c. per i danni conseguenti alla produzione e immissione in commercio di farmaci, l'impresa farmaceutica è tenuta a dimostrare di avere osservato, prima della produzione e immissione sul mercato del farmaco, i protocolli di sperimentazione previsti dalla legge, e di avere fornito un'adeguata informazione circa i possibili effetti indesiderati dello stesso, aggiornandola - se necessario - in relazione all'evoluzione della ricerca.
Per completezza occorre precisare come non una qualunque informativa circa i possibili effetti collaterali del farmaco può scriminare la responsabilità dell'esercente, essendo invece necessario che l'impresa farmaceutica svolga una costante opera di monitoraggio e di adeguamento delle informazioni commerciali e terapeutiche, allo stato di avanzamento della ricerca, al fine di eliminare o almeno ridurre il rischio di effetti collaterali dannosi e di rendere edotti nella maniera più completa ed esaustiva possibile i potenziali consumatori (cfr. Cassazione civile sez. III, 07/03/2019, n.6587).
Di seguito il testo della sentenza de quo.
(omissis)
FATTI DI CAUSA
V.S., con atto di citazione del 31/7/2006, convenne davanti al Tribunale di Bergamo la società Procter & Gamble srl chiedendone la condanna al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti e subendi per effetto della patologia sofferta a seguito dell'assunzione, nel luglio 2004, del farmaco Neoduplamox per curare una ferita lacero-contusa alla mano destra. L'attore rappresentò che, in conseguenza dell'assunzione del farmaco, aveva sviluppato una gravissima sindrome, nota come sindrome di Lyell, con grave intossicazione e gravi conseguenze, anche permanenti, sulla salute. La convenuta si costituì in giudizio, chiedendo ed ottenendo la chiamata in causa della società HDI Global SE e della società Smithkline Beecham PLC e concluse per il rigetto della domanda o, in subordine, per la condanna delle società terze chiamate a manlevarla e tenerla indenne di ogni conseguenza economicamente dannosa connessa alla domanda dell'attore. Anche la società HDI Global SE chiese ed ottenne l'autorizzazione a chiamare in giudizio la società Smithkline per sentirla dichiarare responsabile, in luogo della Procter & Gamble, dei danni asseritamente subiti dall'attore; la società Smithkline chiese ed ottenne l'autorizzazione a chiamare in giudizio il Dott. P.L. che aveva prescritto al V. il farmaco Neoduplamox.
Una CTU disposta in giudizio accertò il nesso causale tra l'assunzione del farmaco e la comparsa della sindrome di Lyell, quale complicanza nota della terapia ma non prevedibile nè prevenibile.
Il Tribunale di Bergamo, con sentenza del 23/11/2013, ritenuta l'applicabilità alla fattispecie della disciplina di cui al D.P.R. n. 224 del 1988 in materia di responsabilità extracontrattuale del produttore per prodotti difettosi, ed affermato che, quando anche si volesse ritenere applicabile l'art. 2050 c.c., doveva ritenersi sussistere la prova liberatoria, trattandosi di effetti indesiderati noti la cui rara possibilità di insorgenza, all'esito di una valutazione comparativa rischi/benefici, non avrebbe impedito la distribuzione del prodotto ma avrebbe richiesto - come in effetti ottemperato dalla società distributrice del farmaco - un'adeguata informativa al pubblico dei consumatori tramite l'indicazione, nel foglio illustrativo allegato al farmaco, del rischio della sindrome tra i possibili effetti collaterali del medesimo, rigettò la domanda.
La Corte d'Appello di Brescia, adita dal V., per quel che ancora qui di interesse, nel contraddittorio con tutte le parti già evocate in primo grado che avevano concluso chi costituendosi nel giudizio d'appello chi proponendo appello incidentale, con sentenza n. 325 del 3/3/2017, ha escluso l'applicabilità della disciplina di cui al D.P.R. n. 224 del 1988, poi trasfusa nel Codice del Consumo, non potendo il farmaco in questione considerarsi difettoso; ha applicato l'art. 2050 c.c., ritenuto dunque non in contrasto con la normativa comunitaria; ha ritenuto che, in presenza di un'attività in sè pericolosa, quale quella della produzione e distribuzione di farmaci, l'ordinamento giuridico ponga il rischio della verificazione degli effetti dannosi a carico di chi possa effettivamente governare quel rischio, accollando al medesimo il compito di predisporre effettivi strumenti di esclusione dell'evento dannoso e comunque il rischio economico connesso alla necessità di risarcire i danni conseguenti al verificarsi di eventi avversi. Affermata l'applicabilità, nella fattispecie, dell'art. 2050 c.c., la Corte d'Appello, ritenuto che non fosse stata fornita la prova liberatoria di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, non potendo a tal proposito ritenersi sufficiente l'avvenuta segnalazione degli effetti collaterali nel bugiardino del farmaco, stante la non conoscenza delle cause dello scatenarsi della sindrome di Lyell, ha condannato la società Procter & Gamble a pagare al V. la somma di Euro 222.867,00 oltre interessi, rivalutazione nonchè spese di lite ed ha condannato le società Smithkline e HDI Global a tenere indenne la Procter delle conseguenze della condanna, ivi comprese le spese legali. La Corte di merito ha altresì rigettato l'appello incidentale della società HDI Global SE volto a far valere la decadenza o la prescrizione del diritto della Procter & Gamble ad essere manlevata; ha infine rigettato le domande proposte nei confronti di P.L..
Avverso quest'ultima sentenza HDI Global Se e Procter & Gamble propongono distinti ricorsi per cassazione, il primo affidato a quattro motivi, il secondo affidato ad un unico motivo. Resistono con distinti controricorsi Procter & Gamble, Smithkline Beeckam, e HDI Global Se; le ultime due propongono altresì ricorsi incidentali, affidati rispettivamente ad un motivo e a tre motivi, V.S. resiste con tre distinti controricorsi, uno per resistere al ricorso di HDI, uno per resistere al ricorso di Procter & Gamble, il terzo per resistere al ricorso incidentale di Smithkline e, parimenti, il Dott. P.L. resiste con due controricorsi, uno per rispondere al ricorso di Procter, l'altro per rispondere al ricorso di HDI Global SE. V.S., HDI Global SE, Procter & Gamble, Smithkline hanno presentato memoria.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Occorre preliminarmente trattare dell'unico motivo del ricorso principale della società Procter & Gamble, del quarto motivo del ricorso incidentale della società HDI Global SE e dell'unico motivo del ricorso incidentale di Smithkline, tutti relativi alla violazione e falsa applicazione dell'art. 2050 c.c. e dell'art. 116 c.p.c.. Le ricorrenti assumono l'erronea sussunzione operata dal giudice del merito della fattispecie nell'area normativa dell'art. 2050 c.c.; affermano che, in ogni caso, anche a voler ammettere l'applicabilità dell'art. 2050 c.c., le imprese gravate dell'onere di provare di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno, avrebbero ottemperato a tale onere. Senza contestare l'accertamento del nesso causale tra la somministrazione del farmaco e la comparsa della sindrome, le ricorrenti evidenziano che l'attività di produzione e di distribuzione del farmaco è stata autorizzata a monte da specifiche competenti commissioni le quali hanno valutato il rapporto costi-benefici e ritenuto che l'utilità della somministrazione dello stesso è infinitamente superiore alla possibilità, del tutto remota (1 su 1 milione di casi) ma comunque sussistente, della comparsa della grave sindrome di Lyell. Rilevano che, in tale contesto, l'unica misura adottabile per rendere noto il rischio del rarissimo effetto collaterale è quella della adeguata informativa ai potenziali danneggiati: ciò significa che produttore e distributore devono avere cura di specificare, nel foglietto illustrativo allegato al farmaco, le avvertenze sulle modalità di somministrazione, le caratteristiche del farmaco ed i possibili effetti collaterali, essendo ignote le cause che producono lo sviluppo della necrosi epidermica tossica. Sostengono quindi che, avendo esse dimostrato di aver descritto con accuratezza e precisione i possibili effetti collaterali del farmaco, la Corte d'Appello avrebbe dovuto ritenere integrata la prova liberatoria di cui all'art. 2050 c.c. Aggiungono che la sentenza impugnata avrebbe illegittimamente del tutto taciuto, con ciò violando l'art. 116 c.p.c., l'adozione da parte delle imprese delle misure idonee ad evitare il danno. L'alternativa a tale prospettazione non consisterebbe in altro che nel divieto di commercializzazione del prodotto potenzialmente pericoloso, conclusione, questa, davvero non praticabile nell'ambito dell'attività di produzione e di distribuzione dei farmaci, tutti potenzialmente forieri di effetti collaterali tossici ma tutti integranti un'attività socialmente utile.
1.1 I motivi sono fondati e meritano di essere accolti nei sensi di cui in motivazione.
Va premesso che non appare condivisibile la prospettazione, pure avanzata nei motivi di ricorso in esame, in maniera peraltro alquanto confusa, della applicabilità in via esclusiva, in base alle regole comunitarie, della normativa sui prodotti difettosi. Non si vede infatti come e perchè siffatta disciplina possa escludere l'operatività del disposto dell'art. 2050 c.c., trattandosi per vero di normative aventi, in via di principio, una diversa ratio e una diversa sfera di operatività.
Ne deriva che la non difettosità del farmaco assunto dall'attore, che è nella fattispecie fuori discussione, non vale certamente a escludere l'operatività, in parte qua, del disposto dell'art. 2050 c.c..
Orbene, secondo il giudice di merito la circostanza che gli effetti indesiderati, riscontrabili con una percentuale di uno su un milione di casi, fossero segnalati nel foglietto illustrativo, non costituiva prova liberatoria, essendo ignote le cause dello scatenarsi della sindrome, laddove la segnalazione avrebbe escluso la responsabilità dell'esercente ove le cause fossero state note e fossero state illustrate, perchè in un'ipotesi siffatta, a detta del decidente, il paziente avrebbe potuto valutare il rischio dell'assunzione; ulteriormente precisando, in tale prospettiva, che, per sfuggire alle responsabilità connesse alla produzione e alla commercializzazione di un farmaco che, anche in un caso su un milione, può provocare danni importanti, ma di eziologia ignota, non è sufficiente la segnalazione dei possibili pericoli connessi all'assunzione, dovendo l'impresa o rinunciare tout court alla produzione e alla commercializzazione del prodotto o accollarsi il rischio economico del risarcimento del danno.
Sennonchè, ad avviso del Collegio, così ragionando, la Corte d'Appello ha dato all'art. 2050 c.c. una portata precettiva non conforme alla lettera e allo spirito della norma, non essendo in alcun modo postulabile che l'azienda farmaceutica debba, a fronte di un effetto indesiderato di cui non si conosca la matrice, optare tra l'assunzione dei rischi connessi agli effetti di una responsabilità di tipo sostanzialmente oggettivo, e la rinuncia alla produzione e alla commercializzare del prodotto.
In realtà, ai fini dello scrutinio in ordine alla sussistenza della prova liberatoria di cui all'art. 2050 c.c. (e cioè la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno), è necessario valutare, da un lato, la rigorosa osservanza di tutte le sperimentazioni e i protocolli previsti dalla legge prima della produzione e della commercializzazione del farmaco (questione nella fattispecie, non controversa); dall'altro l'adeguatezza della segnalazione dell'effetto indesiderato, dovendosi solo per completezza qui precisare che non una qualunque informativa circa i possibili effetti collaterali del farmaco possa scriminare la responsabilità dell'esercente, essendo invece necessario che l'impresa farmaceutica svolga una costante opera di monitoraggio e di adeguamento delle informazioni commerciali e terapeutiche, allo stato di avanzamento della ricerca, al fine di eliminare o almeno ridurre il rischio di effetti collaterali dannosi e di rendere edotti nella maniera più completa ed esaustiva possibile i potenziali consumatori.
La sentenza impugnata deve pertanto di essere cassata in relazione alla denunciata violazione dell'art. 2050 c.c. e dell'art. 116 c.p.c., restando conseguentemente assorbiti gli altri motivi di ricorso della società HDI Global SE, volti, il primo, a denunciare, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione dell'art. 2952 c.c., comma 2 nonchè delle condizioni pattuite all'art. 2.2. della polizza assicurativa stipulata tra le società Propter & Gamble e HDI Global SE, in relazione al rigetto dell'eccezione di prescrizione e alla ritenuta inoperatività della clausola claims made; il secondo, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1913 e 1915 c.c., in relazione alla eccezione di decadenza, ex art. 1913 c.c.; il terzo la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., nonchè delle condizioni pattuite all'art. 4.2. della polizza assicurativa stipulata tra P&G e HDI Global Se, in relazione alla omessa pronuncia sulla prospettata necessità di circoscrivere l'operatività della garanzia in ragione della franchigia contrattualmente prevista.
Conclusivamente il ricorso va accolto in relazione al motivo unico del ricorso di Procter & Gamble, al quarto motivo del ricorso di HDI Global SE e al motivo di ricorso incidentale di Smithklein, assorbiti gli altri motivi; la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione e la causa rinviata alla Corte d'Appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, ad eccezione di quelle relative al rapporto processuale tra tutte le parti e P.L., le quali vanno invece integralmente compensate, essendo il P. stato evocato nel presente giudizio a meri fini di litis denuntiatio.
P.Q.M.
La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, l'unico motivo del ricorso principale di Procter & Gamble, l'unico motivo del ricorso incidentale di Smithkline e il quarto motivo del ricorso incidentale di HDI Global SE, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Brescia, in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, ad eccezione di quelle relative al rapporto processuale tra tutte le parti e P.L., le quali vengono compensate.
Così deciso in Roma, nella Pubblica Udienza della Terza Sezione Civile, il 22 ottobre 2018.
Depositato in Cancelleria il 7 marzo 2019
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Sentenza tratta dalla Banca Dati Dejure-Giuffrè Francis Lefebvre che si ringrazia per la gentile disponibilità.
Avv. Jacopo Alberghi