Con un recente ed innovativo arresto, la Suprema Corte si è occupata dell’eventuale ammissibilità dei procedimenti congiunti di separazione e divorzio in caso di ricorso consensuale.
In occasione della Riforma Cartabia, intervenuta nel 2022, il legislatore sembrerebbe aver previsto la possibilità di farne richiesta contestualmente e mediante un unico atto.
La questione prende le mosse da un ricorso congiunto proposto da una coppia di coniugi dinanzi al Tribunale di Treviso: in sede di udienza di comparizione, il giudice istruttore evidenziava la presenza di gravi difficoltà interpretative, data la sussistenza di diversi e contrastanti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in punto di ammissibilità del cumulo delle domande proposte in via consensuale.
Rievocando due delle più rilevanti tesi prospettate, il giudice rimarcava come, se per parte degli studiosi la norma sul cumulo di domande contenziose è applicabile analogicamente anche ai ricorsi congiunti, i sostenitori della tesi contraria farebbero leva sul brocardo ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, affermando che il silenzio della legge al riguardo equivalga a un tacito diniego dell’ammissibilità di tale opzione processuale.
In virtù della complessità e delle ambiguità riscontrate in seno alla normativa vigente, il giudice di primo grado ha pertanto deciso di rimettere la questione alla Corte di Cassazione ai sensi del nuovo art. 363bis cod. proc. civ., al fine di scongiurare la persistenza di filoni giurisprudenziali di merito discordanti.
La Suprema Corte, ponendo a confronto le contrapposte tesi e valorizzandone i rispettivi punti di forza, ha ritenuto di optare per una generale ammissibilità di una domanda congiunta, evidenziando anzitutto come il codice di procedura civile preveda, tra le disposizioni in generale, il cumulo oggettivo di domande contro la stessa persona e che, nel caso di specie, si tratti di domande connesse in relazione al titolo sulla base del quale le parti agiscono, in quanto tese a regolare la crisi matrimoniale che i coniugi avvertono come irreversibile. Inoltre, l’art. 473bis.51 cod. proc. civ. prevede ormai un procedimento uniforme sia per i ricorsi aventi ad oggetto le domande di separazione personale, sia per le domande di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Ulteriore argomento addotto dalla Corte è quello secondo cui la circostanza che la domanda congiunta di divorzio, cumulata con quella congiunta di separazione, divenga procedibile solo alle condizioni regolate dall’art. 3 della l. 898/1970 – e che, quindi, non possa essere decisa prima del passaggio in giudicato della sentenza che omologa la separazione consensuale e prima che siano trascorsi sei mesi dall’udienza di comparizione delle parti in sede di separazione personale – non implica che essa non possa essere avanzata in cumulo con la domanda congiunta di separazione.
Degno di nota risulta anche che gli interventi in materia di negoziazione assistita e l’avvento della Riforma abbiano gradualmente rafforzato il ruolo dell’autonomia dei coniugi in sede di definizione delle conseguenze economiche della crisi coniugale, scalfendo il dogma dell’indisponibilità degli status personali.
La Corte ha dunque concluso affermando il seguente principio di diritto, vincolante per il giudice rimettente: “In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”.
Sebbene il dictum impegni il solo giudice che ha sollevato la questione, troverà con ogni probabilità una sempre più assidua applicazione nei Tribunali di merito per favorire l’economia processuale ed evitare la moltiplicazione dei processi.
Avv. Jacopo Alberghi e Dott.ssa Alessia Cassone