Diritto civile

La responsabilità del custode della strada in caso di sinistri correlati a barriere laterali mancanti o inadeguate (Cass n. 26527/2020)

Con la recentissima pronuncia in commento (Cassazione civile sez. III, del 20/11/2020, n.26527), la Suprema Corte affronta il tema della custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada e la sua eventuale estensione, oltre che alla carreggiata, agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese le eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale.

Cosa accade qualora la vittima lamenti un danno derivante dall'assenza o inadeguatezza di barriere stradali? Come deve essere valutata l'eventuale circostanza che alla causazione del sinistro abbia contribuito la condotta colposa dell'utente della strada?

A tali quesiti con estrema chiarezza risponde la Suprema Corte, la quale, con la decisione in esame, ritiene di dare continuità al principio giurisprudenziale secondo cui "in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicchè, ove si lamenti un danno (...) derivante dalla loro assenza (o inadeguatezza), la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell'utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un'adeguata barriera avrebbe potuto opporre all'urto da parte del mezzo" (cfr. anche Cass. n. 6306/2013, Cass. n. 15723/2011, Cass. n. 24529/2009 e Cass. n. 3651/2006);

Nello specifico, a fronte della dedotta responsabilità ex art. 2051 c.c., dell'ente gestore della strada, secondo gli Ermellini, la Corte territoriale non avrebbe potuto escludere il nesso di causalità fra la condizione della strada (e delle sue pertinenze) e la caduta del mezzo nel precipizio sul mero assunto di una condotta colposa della vittima, ma avrebbe dovuto accertare che quest'ultima presentava connotati di eccezionalità e imprevedibilità tali da determinare l'interruzione del rapporto causale fra la situazione della cosa e il sinistro.

La Corte di Appello ha invece mostrato di aderire ad una nozione di caso fortuito che lo identifica con la condotta colposa del danneggiato, senza tener conto della necessità di verificare se detta condotta presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità da parte del custode.

E' noto, infatti, prosegue la Suprema Corte, che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può escludere la responsabilità del custode solo "ove sia colposa ed imprevedibile" (Cass. n. 25837/2017), ossia "quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento lesivo" (Cass. n. 18317/2015), giacchè l'idoneità ad interrompere il nesso causale può essere riconosciuta solo ad un fattore estraneo avente "carattere di imprevedibilità ed eccezionalità" (Cass. n. 2660/2013); in tal senso, anche i più recenti arresti di legittimità, pur affermando che il comportamento del danneggiato (da valutare anche officiosamente ex art. 1227 c.c., comma 1) può assumere incidenza causale tale da interrompere il nesso eziologico tra la cosa e il danno, non hanno mancato di evidenziare che ciò può avvenire "quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale" (Cass. n. 2480/2018 e Cass. n. 9315/2019);

Ciò non significa peraltro che, laddove non risulti idonea ad integrare il caso fortuito, la colpa della vittima non possa rivestire rilevanza ai fini risarcitori; ma ciò deve avvenire sotto il diverso profilo dell'accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile ai sensi dell'art. 1227 c.c., sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art. 1227 c.c., comma 1), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l'attore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (ex art. 1227 c.c., comma 2), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un'espressa eccezione della controparte.

In base al predetto percorso argomentativo, la Suprema Corte ha espresso la seguente massima: "in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicché, ove si lamenti un danno derivante dalla loro assenza (o inadeguatezza), la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell'utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un'adeguata barriera avrebbe potuto opporre all'urto da parte del mezzo".

 

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Di seguito il testo della sentenza de quo.

Cassazione civile sez. III, 20/11/2020, (ud. 02/10/2020, dep. 20/11/2020), n. 26527

(omissis)

RILEVATO IN FATTO

che:

V.A.P. e V.A. convennero in giudizio il Comune di San Lucido (CS) per sentirlo condannare al risarcimento dei danni conseguenti al decesso del padre G., il quale aveva riportato lesioni mortali precipitando, con la propria auto, in un dirupo sottostante ad una strada comunale che era priva di barriere di protezione in corrispondenza di una curva ad angolo retto; dedussero la responsabilità del convenuto ai sensi dell'art. 2051 c.c. o, in subordine, dell'art. 2043 c.c. e richiesero il pagamento di poco più di 35.000,00 Euro per ciascuno;

il Comune sostenne che la condotta della vittima era stata a tal punto imprudente da escludere la responsabilità dell'amministrazione, rilevando - fra l'altro - che il V. conduceva una vettura priva di certificato di revisione e che, a causa della velocità eccessiva, aveva proseguito diritto ed oltrepassato il terrapieno posto ai margini della careggiata, senza lasciare tracce di frenata e con la marcia in folle;

il Tribunale di Paola rigettò la domanda sull'assunto del difetto di prova della proprietà comunale della strada e del conseguente obbligo di custodia in capo all'ente;

la Corte di Appello di Catanzaro ha rigettato il gravame dei V. affermando che:

"non vi è dubbio che la strada in questione possa ritenersi comunale e, pertanto, il Comune di San Lucido ha obbligo non solo di mantenerla in condizioni di sicurezza ed efficienza ma anche di custodirla in senso tecnico";

valutata la domanda ai sensi dell'art. 2051 c.c., "anche qualora si dimostrasse l'effettiva pericolosità della sede stradale non sarebbe provato in alcun modo che essa sia stata la causa della fuoriuscita dell'autovettura"; "nè (...) il requisito del nesso di causalità può essere ricavato in via presuntiva, stante (...) la non univocità della situazione ovvero la astratta riconducibilità dell'occorso a diverse cause determinanti, tra cui la velocità non adeguata allo stato dei luoghi, la distrazione, un malore improvviso, attese altresì le condizioni di salute del V.";

"appare, piuttosto, del tutto plausibile ritenere (...) che il sinistro stradale sia dipeso da una sua disattenzione o da una errata manovra o da elevata velocità (la marcia inserita era folle), più che a causa della mancanza di barriere di protezione, con conseguente esclusione della responsabilità del Comune, ai sensi dell'art. 1227 c.c.";

"mancando la prova del nesso causale tra "res" custodita e danno -presupposti indefettibili di responsabilità ex art. 2051 c.c., - la domanda doveva essere rigettata";

ha proposto ricorso per cassazione la sola V.A.P., affidandosi a tre motivi; nè il Comune nè gli altri intimati (gli eredi di V.A. nel frattempo deceduto) hanno svolto attività difensiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

col primo motivo, la ricorrente denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5) in quanto la Corte territoriale "non ha valutato la circostanza che la corretta apposizione delle barriere protettive, in base ai criteri e alle caratteristiche previste ai sensi e per gli effetti del D.M. 18 febbraio 1992, n. 223, art. 2, del Ministero dei Lavori Pubblici e della L. 22 marzo 2001, n. 85, su un tratto di strada caratterizzato da oggettiva pericolosità, avrebbe impedito il concretizzarsi dell'evento"; precisa che "la Corte ha omesso di esaminare e valutare l'incidenza che avrebbe avuto la corretta predisposizione di barriere protettive (...) volte a prevenire la fuoriuscita dell'autovettura dalla sede stradale, indipendentemente dalle cause dello sbandamento";

il secondo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2051 c.c. e/o dell'art. 1227 c.c. e/o del D.M. 18 febbraio 1992, art. 2, del Ministero del Lavori Pubblici e della L. 22 marzo 2001, n. 85 art. 2; assume la ricorrente che la custodia esercitata dal gestore di una strada non è limitata alla carreggiata, ma si estende anche alle pertinenze, comprese le eventuali barriere laterali di sicurezza, sicchè può ben essere affermata la responsabilità per danni che conseguano all'assenza o all'inadeguatezza di tali elementi di protezione; contesta inoltre che il danneggiante avesse assolto all'onere, sullo stesso gravante, di provare il concorso colposo della condotta della vittima;

il terzo motivo denuncia "violazione e/o falsa applicazione del D.M. 18 febbraio 1992, n. 223, art. 2, del Ministero del Lavori Pubblici e della L. 22 marzo 2001, n. 85, art. 2", sul rilievo che la Corte di merito "non ha in alcun modo ritenuto di accertare la condotta omissiva del Comune di San Lucido in relazione alle disposizioni legislative sopra richiamate", con la conseguenza che "la sentenza è pervenuta dunque a ritenere irrilevante la mancanza di qualunque protezione sulla base di una motivazione meramente apparente, che ha omesso di valutare effettivamente la circostanza che la presenza delle barriere avrebbe impedito il concretizzarsi delle nefaste conseguenze del sinistro".

Ritenuto che, esaminati congiuntamente i tre motivi, il ricorso meriti accoglimento nei termini che seguono:

deve darsi continuità al principio -affermato da Cass. n. 9547/2015 in riferimento all'ipotesi di un veicolo precipitato in un burrone fiancheggiante una curva priva di guard rail- secondo cui, "in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., la custodia esercitata dal proprietario o gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della sede stradale, sicchè, ove si lamenti un danno (...) derivante dalla loro assenza (o inadeguatezza), la circostanza che alla causazione dello stesso abbia contribuito la condotta colposa dell'utente della strada non è idonea ad integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un'adeguata barriera avrebbe potuto opporre all'urto da parte del mezzo" (cfr. anche Cass. n. 6306/2013, Cass. n. 15723/2011, Cass. n. 24529/2009 e Cass. n. 3651/2006);

nello specifico, a fronte della dedotta responsabilità ex art. 2051 c.c., dell'ente gestore della strada, la Corte territoriale non avrebbe potuto escludere il nesso di causalità fra la condizione della strada (e delle sue pertinenze) e la caduta del mezzo nel precipizio sul mero assunto di una condotta colposa della vittima, ma avrebbe dovuto accertare che quest'ultima presentava connotati di eccezionalità e imprevedibilità tali da determinare l'interruzione del rapporto causale fra la situazione della cosa e il sinistro;

la Corte di Appello ha invece mostrato di aderire ad una nozione di caso fortuito che lo identifica con la condotta colposa del danneggiato, senza tener conto della necessità di verificare se detta condotta presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità da parte del custode;

è noto, infatti, che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato che la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può escludere la responsabilità del custode solo "ove sia colposa ed imprevedibile" (Cass. n. 25837/2017), ossia "quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento lesivo" (Cass. n. 18317/2015), giacchè l'idoneità ad interrompere il nesso causale può essere riconosciuta solo ad un fattore estraneo avente "carattere di imprevedibilità ed eccezionalità" (Cass. n. 2660/2013); in tal senso, anche i più recenti arresti di legittimità, pur affermando che il comportamento del danneggiato (da valutare anche officiosamente ex art. 1227 c.c., comma 1) può assumere incidenza causale tale da interrompere il nesso eziologico tra la cosa e il danno, non hanno mancato di evidenziare che ciò può avvenire "quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale" (Cass. n. 2480/2018 e Cass. n. 9315/2019);

ciò non significa peraltro che, laddove non risulti idonea ad integrare il caso fortuito, la colpa della vittima non possa rivestire rilevanza ai fini risarcitori; ma ciò deve avvenire sotto il diverso profilo dell'accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile ai sensi dell'art. 1227 c.c., sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art. 1227 c.c., comma 1), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l'attore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (ex art. 1227 c.c., comma 2), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un'espressa eccezione della controparte;

la sentenza va pertanto cassata, con rinvio alla Corte territoriale che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame della vicenda alla luce dei principi sopra richiamati;

La Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020

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Sentenza tratta dalla Banca Dati Dejure-Giuffrè Francis Lefebvre che si ringrazia per la gentile disponibilità.

Avv. Jacopo Alberghi