Diritto penale

Sezioni Unite: Sull'impugnabilità del provvedimento di rigetto dell'istanza di sospensione con messa alla prova

Le Sezioni Unite escludono l'autonoma impugnabilità del provvedimento di rigetto dell"istanza di sospensione con messa alla prova.

Nota a Cass. Pen., Sez. Unite, dep. 29 luglio 2016, n. 33216, Pres. G. Canzio, Rel. G. Fidelbo

Con la sentenza in commento, i Giudici delle Sezioni Unite risolvono un contrasto giurisprudenziale avente ad oggetto la possibilità o meno di proporre ricorso immediato per cassazione contro l'ordinanza di rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.

In buona sostanza la Suprema Corte si chiede se l'ordinanza con cui il giudice del dibattimento rigetta la richiesta dell'imputato di messa alla prova sia autonomamente ricorribile in cassazione ovvero sia impugnabile solo congiuntamente alla sentenza ai sensi dell'art. 586 c.p.p..

Si tratta di una decisione di particolare importanza, anche per rilevanza pratica.

Il contrasto giurisprudenziale. Un primo orientamento interpretativo, che privilegia il dato testuale della norma, afferma che l'ordinanza di rigetto dell'istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato è autonomamente ed immediatamente impugnabile con ricorso per cassazione, in quanto il tenore letterale dell'art. 464 quater c.p.p., comma 7, include nella disciplina della ricorribilità qualsiasi provvedimento decisorio, prescindendo se di contenuto ammissivo o reiettivo, sottraendolo alla previsione generale di cui all'art. 586 c.p.p. (Cfr. ex multis Cass. Per., Sez. 5, n. 4586 del 20/10/2015).

Questa conclusione viene rafforzata se si considera anche che l'inciso contenuto all'art. 464 quater, comma 7, ultima parte ("l'impugnazione non sospende il procedimento") trova logica giustificazione soltanto se riferita all'ipotesi di ricorso avverso il provvedimento reiettivo, atteso che nel caso di ordinanza di accoglimento il processo sarebbe automaticamente sospeso per la messa alla prova dell'imputato.

La seconda corrente giurisprudenziale, basandosi sul principio di tassatività delle impugnazioni, afferma al contrario che il provvedimento di rigetto dell'istanza di messa alla prova soggiace al disposto dell'art. 586 c.p.p., in forza del quale le ordinanze dibattimentali sono impugnabili, quando non è diversamente stabilito dalla legge, soltanto con l'impugnazione della sentenza (cfr. Ex multis Cass. Pen., Sez. 5, n. 25566 del 03/06/2015)

Nessun dato di ordine testuale smentirebbe questa seconda tesi, in quanto viene argomentato: a) la circostanza che l'art. 464 quater, comma 7, c.p.p. menzioni genericamente l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova, non sarebbe dirimente atteso che tale formula deve essere letta al pari di quanto avviene con il procedimento relativo alla messa alla prova dei minori; b) l'inciso contenuto nell'ultima parte dell'art. 464 quater, comma 7, c.p.p., che prevede la non sospendibilità del procedimento in presenza dell'impugnazione, sarebbe da riferirsi esclusivamente al procedimento di messa alla prova a seguito di ordinanza di accoglimento della relativa istanza e non al procedimento penale in corso, come invece sostenuto negli arresti aderenti all'orientamento contrario. Del resto, si osserva, l'autonoma impugnazione del provvedimento di rigetto senza la contestuale previsione del potere del giudice di sospendere il procedimento in attesa della decisione sul ricorso, apparirebbe scelta irragionevole.

La soluzione delle Sezioni Unite 2016. Ad avviso della Corte, nella sua più autorevole composizione, vi sono ragioni per confermare, seppure con argomentazioni non del tutto coincidenti, l'orientamento secondo cui l'ordinanza del giudice del dibattimento che respinge la richiesta di messa alla prova presentata dall'imputato è impugnabile, ai sensi dell'art. 586 c.p.p., solo con la sentenza di primo grado.

Come noto, l'art. 464 quater, comma 7, C.p.p., disciplina il regime delle impugnazioni, stabilendo che contro l'ordinanza che decide sull'istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione l'imputato e il pubblico ministero, anche su istanza della persona offesa e che l'impugnazione non sospende il procedimento.

Certamente, la norma consente l'impugnabilità diretta ed autonoma del provvedimento con il quale, in accoglimento dell'istanza dell'imputato, il giudice abbia disposto la sospensione del procedimento, giacchè in tal caso alle parti non sarebbe altrimenti consentito alcun rimedio avverso la decisione assunta.

Il dubbio attiene all'ipotesi in cui la decisione sia di rigetto.

Secondo le Sezioni Unite l'espressione utilizzata nella disposizione contenuta nell'art. 464 quater c.p.p., comma 7, prima parte, che non opera alcuna distinzione tra provvedimento positivo o negativo emesso dal giudice, non appare in grado di giustificare in pieno una deroga alla disciplina generale stabilita dall'art. 586, comma 1, c.p.p..

La Suprema Corte con la decisione in commento, forse stiracchiando un pò il dato testuale della norma, afferma che l"ordinanza reiettiva sarebbe disciplinata solo dal successivo comma 9, che prevede la possibilità per l'imputato di riproporre l'istanza respinta fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, senza alcun riferimento all'impugnazione del provvedimento.

La circostanza che l'art. 464 quater c.p.p. comma 7, menzioni l'imputato tra i soggetti legittimati a ricorrere per cassazione, secondo le Sezioni Unite, non è un argomento dirimente, in grado di far prevalere la tesi dell'immediata impugnabilità dell'ordinanza di rigetto, in quanto non può certo escludersi che l'imputato possa avere interesse a contestare l'ordinanza che lo ha ammesso alla prova (considerazione corretta, seppur improbabile a livello pratico).

Come si è visto, entrambi gli orientamenti cui si è fatto riferimento traggono argomenti a sostegno delle rispettive tesi dalla disposizione contenuta nell'ultima parte dell"art. 464 quater, comma 7, C.p.p. secondo cui "l'impugnazione non sospende il procedimento"; da riferirsi, secondo il primo indirizzo, al procedimento di cognizione in corso, e secondo l'altro, esclusivamente al sub-procedimento avente ad oggetto la messa alla prova.

Secondo le Sezioni Unite l"esclusione della sospensione in caso di impugnazione (come previsto dal comma 7 della norma sopra citata), è necessariamente da ricondursi al procedimento di messa alla prova. Ciò perché risulterebbe irragionevole la previsione dell'impugnabilità immediata dell'ordinanza di rigetto della richiesta di messa alla prova senza la sospensione del processo, in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione.

La mancata sospensione del processo, nonostante il ricorso immediato, determinerebbe effetti dirompenti nel caso in cui la Cassazione dovesse annullare con rinvio l'ordinanza negativa, provocando situazioni paradossali sul processo, che nel frattempo potrebbe essersi concluso con la condanna dell'imputato, anche al risarcimento dei danni in favore della persona offesa costituita parte civile.

Le Sezioni Unite si mostrano preoccupate dal rischio di legittimare un modello processuale che potrebbe recare evidenti controindicazioni di carattere funzionale, in grado di inceppare l'intero meccanismo procedimentale, e quindi ragionevolmente preferiscono un'interpretazione di sistema che superi le difficoltà "testuali"; viene quindi affermato che la previsione che esclude la sospensione si riferisce non al processo su cui si innesta la richiesta dell'imputato, ma al procedimento di messa alla prova. In altri termini, si conferma che l'intero art. 464 quater, comma 7, disciplina esclusivamente l'impugnazione della sola ordinanza ammissiva della prova, sicché nel momento in cui viene proposto ricorso per cassazione contro questo provvedimento, si esclude che il procedimento di messa alla prova venga sospeso.

L'assetto delineato si pone in linea di maggiore continuità con il sistema vigente in materia di controllo sulle richieste di messa alla prova per i minorenni. Infatti, pur nella diversità della funzione dei due istituti, si raggiunge una tendenziale omogeneità della disciplina processuale riguardante il regime delle impugnazioni delle ordinanze sulla messa alla prova.

Infine, le Sezioni Unite individuano proprio nel riferimento ai limiti del sindacato di legittimità un'ulteriore ragione per escludere l'immediata impugnabilità dell'ordinanza che rigetta la richiesta di messa alla prova. Infatti, con il ricorso per cassazione, cui si riferisce l'art. 464 quater c.p.p., comma 7, le contestazioni sono limitate ai motivi consentiti dall'art. 606 c.p.p., relativi a violazioni di legge e a vizi di motivazione, quindi con esclusione delle questioni che attengono al merito delle scelte effettuate dal giudice.

Ciò premesso, considerato che nella fase del vaglio dell'ammissibilità alla messa alla prova, il giudice, seppure in base ad un accertamento sommario, anticipa in un certo senso un processo sul fatto, sull'autore e sulle conseguenze della messa alla prova, rispetto ad un provvedimento di rigetto della richiesta di messa alla prova, la previsione del ricorso immediato per cassazione, per i motivi di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, finirebbe per limitare la difesa dell'imputato, non consentendogli di contestare il merito della decisione ogni qual volta si fondi su una valutazione di inidoneità del programma, con riferimento, ad esempio, ai risultati dell'indagine dell'ufficio di esecuzione penale esterna ovvero alle informazioni acquisite d'ufficio o, ancora, ai contenuti e alle prescrizioni dello stesso programma di trattamento proposto.

Invero, in simili casi l'imputato ha interesse a contestare proprio la scelta "negativa" compiuta dal giudice, investendo il merito della decisione, tramite l"appello (unitamente alla decisione finale).

In conclusione. Secondo le Sezioni Unite quindi il sistema dei rimedi offerti all'imputato avverso le ordinanze che decidono sull"istanza di sospensione con messa alla prova risulta così strutturato:

a) ricorso per cassazione in via autonoma ed immediata dell'ordinanza di accoglimento;

b) non impugnabilità del provvedimento negativo fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, in quanto è offerta all'imputato la possibilità di rinnovare la richiesta;

c) impugnabilità del provvedimento di rigetto "predibattimentale", soltanto con la sentenza di primo grado, secondo la regola generale fissata dall'art. 586 c.p.c..

Considerazioni finali. A parere dello scrivente la soluzione prescelta dalle Sezioni Unite ed il relativo percorso argomentativo presentano alcune criticità.

Si ritiene non condivisibile la scelta di favorire un"interpretazione sistematica della norma nonostante il chiarissimo tenore letterale del combinato disposto degli articoli 464ter, comma 7 ("contro l"ordinanza che decide sull"istanza di messa alla prova possono ricorrere per cassazione l"imputato e il pubblico ministero (...)") e 586, comma 1 ("quando non è diversamente stabilito dalla legge – ed in tale eccezione si potrebbe, rectius dovrebbe, ricondurre l"ipotesi di cui all"art. 464ter, comma 7, c.p.p. -l'impugnazione contro le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari ovvero nel dibattimento può essere proposta, a pena di inammissibilità, soltanto con l'impugnazione contro la sentenza) c.p.p..

Non convince la scelta di ritenere autonomamente ricorribile per Cassazione la sola ordinanza di ammissione alla messa alla prova; in primis perché tale distinzione (tra impugnazione di provvedimento ammissivo o di rigetto) non è stata prevista, e quindi non è stata voluta, dal legislatore ed in secondo luogo perché pare confinare lo strumento del ricorso "autonomo" per Cassazione più ad un"ipotesi di scuola, essendo quantomeno improbabile nella prassi che l"imputato impugni un provvedimento ammissivo dallo stesso richiesto ed ottenuto.

In conclusione, a sommesso parere dello scrivente, pur comprendendo le ragioni sottese ad un simile percorso ermeneutico, risulta fuorviante il ricorso ad un'interpretazione di tipo sistematico (seppur autorevole) nonostante il chiaro tenore letterale delle norme di cui si discute, che forse avrebbe dovuto essere preferito.