Il caso del paziente danneggiato da un dispositivo medico difettoso, ferma l’eventuale concorrente responsabilità della struttura sanitaria ove il dispositivo è stato applicato, rientra nell’ambito della responsabilità del produttore per prodotti difettosi.
Come è noto, ex art. 120, comma 1, D.Lgs. 206/2005 (cd. Codice del Consumo), il danneggiato, per dimostrare la responsabilità del produttore, deve provare il difetto, il danno, e la connessione causale tra danno e difetto.
Il produttore, secondo quanto previsto dal comma 2 del medesimo articolo, è invece tenuto a provare i fatti che possono escludere la sua responsabilità.
La responsabilità da prodotto difettoso ha quindi natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall'accertamento della colpevolezza del produttore, ma non anche dalla dimostrazione dell'esistenza di un difetto del prodotto. Incombe, pertanto, sul soggetto danneggiato la prova specifica del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno, ciò rappresentando un pre-requisito della responsabilità stessa, con funzione delimitativa dell'ambito di applicabilità di essa (cfr. Cass. n. 3258/2016).
Come dimostrare la difettosità. Particolarmente complessa è l’ipotesi, in ambito sanitario, del paziente-consumatore vittima di protesi e/o dispositivo medico difettoso.
Sul punto, occorre in primis rilevare che al danneggiato, per provare il difetto del prodotto, è sufficiente dimostrare i risultati anomali che l'uso della protesi ha causatorispetto alle normali aspettative.
Infatti, ai sensi dell'art. 117 del Codice del Consumo, è difettoso quel prodotto che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere, in relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi alle istruzioni o alle avvertenze fornite, all'uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, e ai comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.
In buona sostanza la prova del difetto del prodotto deriva dalla prova dell’insicurezza del dispositivo medico.
Trattasi di una nozione di “ difetto ” che, dunque, non corrisponde alla nozione di “ vizio ” dettata dagli art. 1490 ss. c.c., la quale si identifica in un'imperfezione del bene e può anche non comportare un'insicurezza del prodotto, essendo piuttosto riconducibile al difetto di fabbricazione e, come tale, strettamente connesso al concetto di sicurezza, dovendo il prodotto assicurare livelli minimi di sicurezza generalmente richiesti dall'utenza in relazione alle circostanze concrete, nell'ambito dei quali, ovviamente, possono e debbono farsi rientrare gli standard di sicurezza eventualmente imposti dalle norme in materia (cfr. Cass. n. 20985/2007, in DeJure.it, Note Giurisprudenziali, Giustizia Civile, 2013, 10, 01, 1986).
Ne deriva che per riconoscere la difettosità del prodotto non basta accertare il danno, in quanto quest'ultimo non prova indirettamente, di per sé, la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impiego, ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto, di per sé insufficiente per integrare la responsabilità del produttore, in mancanza del concreto accertamento della violazione dei suddetti standard minimi di sicurezza richiesti dalla utenza o dalle leggi in materia (cfr. Cass. n. 25116/2010, in Danno Resp., 2011, 975, con nota di Frata, La responsabilità per prodotto cosmetico difettoso: l'onere della prova e le “ normali condizioni di impiego ”).
Come confermato da consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, la difettosità del dispositivo medico può essere dimostrata anche con la sola prova dell'insicurezza del prodotto, desumibile, peraltro, anche in via presuntiva (cfr. Cass. n. 20985/2007, in DeJure.it, “nell'ipotesi di responsabilità civile da prodotti difettosi, disciplinata dal d.P.R. 24 maggio 1988 n. 224, il danneggiato deve provare il danno, il rapporto causale con l'uso del prodotto e che questo uso ha comportato risultati anomali rispetto alle normali aspettative, tali da evidenziare la mancanza della sicurezza che ci si poteva legittimamente attendere, ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. citato, mentre il produttore è tenuto a dimostrare che il difetto non esisteva quando il prodotto è stato messo in circolazione”).
Una volta che il paziente-danneggiato ha fornito la suddetta prova, ai sensi dell'art. 120, comma 2, D.Lgs. n. 206/2005, è il produttore che ha l'onere di dimostrare che il difetto riscontrato non esisteva quando ha posto il prodotto in circolazione ovvero che all'epoca non era riconoscibile come tale, a causa dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche.
Ritiro di dispositivi medici dal mercato. Recente decisione Corte giustizia UE, sez. IV, 05/03/2015, n. 503, ha stabilito che devono considerarsi “difettosi” singoli dispositivi perché appartenenti ad una serie produttiva avente un rischio di malfunzionamento più elevato della norma: “l'accertamento di un potenziale difetto dei prodotti appartenenti al medesimo gruppo o alla medesima serie di produzione, (…), consente di qualificare come difettoso un prodotto senza che occorra riscontrare il suddetto difetto in tale prodotto – la decisione de quo riguardava il ritiro dal mercato, in via precauzionale, di una serie di dispositivi medici pacemaker.
L'opzione interpretativa appare coerente con la nozione di “insicurezza” sopra descritta, accolta dal nostro legislatore su input europeo (cfr. art. 117 Cod. Consumo), in coordinamento con le legittime aspettative del pubblico dei consumatori, il quale, in tale contesto, si trova in una situazione di particolare vulnerabilità.
Nelle sue motivazioni la Corte di Giustizia ha ricordato che un prodotto è difettoso quando non garantisce il livello di sicurezza che una persona ha il diritto di aspettarsi, sottolineando che le legittime aspettative di sicurezza dipendono anche dalla destinazione del prodotto e dalle sue oggettive caratteristiche e proprietà, nonché dalle specifiche esigenze del gruppo di utenti ai quali esso è destinato (cfr. Sofia Nobile De Santis, Sostituzione di dispositivi medici «potenzialmente» difettosi e product liability: le indicazioni della Corte di Giustizia, in Responsabilità Civile e Previdenza, fasc. 3, 2015, pag. 756).