Supercondominio e accessione: in mancanza di previsione contraria nel regolamento condominiale, è oggetto di proprietà comune non solo la porzione di terreno su cui poggia il fabbricato ma anche la parte immediatamente sottostante (Cass. 18031/2024)

La pronuncia in esame prende le mosse da un ricorso presentato da un condomino contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano, la quale aveva escluso la natura comune del sottosuolo del terreno su cui il condominio era ubicato, ritenendolo di proprietà esclusiva della S.r.l. che vi aveva eseguito lavori di ristrutturazione edilizia.

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso facendo leva sull’erronea interpretazione del regolamento condominiale data dalla Corte territoriale.

L’istituto alla base della questione che ci occupa è quello dell’accessione, disciplinato dagli artt. 934 ss. c.c. e che costituisce uno dei modi di acquisto della proprietà a titolo originario, in base al quale la proprietà di una cosa si estende a ciò che si unisce ad essa, secondo il fenomeno della c.d. “attrazione reale”: la proprietà di ciò che viene incorporato al suolo, pertanto, si acquista di diritto al momento stesso dell’incorporazione.

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Decesso del paziente per infezione da Covid-19 contratta durante il ricovero: sulla responsabilità della struttura sanitaria (Sent. N. 1511/2024 emessa dal Tribunale di Padova)

In tema di responsabilità medica, si segnala l’innovativa pronuncia di merito n. 1511/2024, emessa dal Tribunale di Padova, nel settembre 2024, riguardante il caso di un paziente deceduto in RSA a causa di infezione da Covid-19 contratta in struttura durante il ricovero.

Detta pronuncia costituisce, ad oggi, una delle pochissime pronunce a livello nazionale in materia di responsabilità per decesso del paziente a seguito di infezione ospedaliera per Covid-19.

Trattasi quindi di un precedente di merito importante che apre, almeno potenzialmente, significativi scenari giurisprudenziali per molti altri casi oggi pendenti.

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Sezioni Unite: la domanda riconvenzionale non richiede la mediazione come condizione di procedibilità (Cass. civ., Sez. Unite, n. 3452 del 7.02.2024)

Interessante e innovativo pronunciamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile in materia di procedimento obbligatorio di mediazione, con notevoli ricadute pratiche per gli operatori del diritto.

Come è noto, la mediazione civile è una procedura A.D.R. normata dal d.lgs. n. 28 del 2010, governata dal c.d. mediatore, soggetto terzo e imparziale, il quale ha il compito di assistere le parti coinvolte e definire la vertenza mediante soluzione conciliativa, con possibilità di formulare una proposta di accordo.

In particolare, l’art. 5 del menzionato decreto si occupa dei casi di mediazione obbligatoria, ossia delle ipotesi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione rappresenta condizione di procedibilità dell’azione in giudizio.

Ebbene, secondo il recente arresto giurisprudenziale in esame, tale condizione di procedibilità riguarderebbe solamente la domanda principale e non anche quella riconvenzionale.

La Corte, dopo aver evidenziato il distinguo tra domanda riconvenzionale collegata all’oggetto della lite e domanda riconvenzionale c.d. “eccentrica”, ossia non subordinata alla comunanza del titolo della domanda di parte attrice, ha precisato che “La mediazione obbligatoria ex art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità finalizzata al raggiungimento di una soluzione conciliativa che scongiuri l'introduzione della causa, è applicabile al solo atto introduttivo del giudizio e non anche alle domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di mediazione, ove possibile, per l'intero corso del processo”.

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Ridotto l’assegno di mantenimento alla figlia maggiorenne che non studia e non lavora (Sentenza del Tribunale di Pisa n. 814/2014)

Interessante pronuncia del Tribunale di Pisa, ottenuta dal nostro studio in seno ad una causa civile in materia di diritto di famiglia, patrocinata dall’Avv. Alberghi e giunta a sentenza nel mese di giugno, promossa nell'interesse del padre per la modifica delle condizioni divorzili con riduzione dell'assegno di mantenimento per la figlia maggiorenne economicamente non indipendente.

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Sentenza n. 814/2024 del Tribunale di Pisa, pubblicata il 20.6.2024, Giudici Dott.sse Eleonora Polidori, Teresa Guerrieri e Stefana Curadi

Validi i mutui che richiamano l’Euribor se manca la prova della condotta illecita con alterazione del tasso di interesse (Cass. civ. 12007/2024)

Interessante pronunciamento della Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione in materia di contratti di mutuo e determinazione del tasso di interesse, con cui la Corte aderisce alle conclusioni della Procura generale, superando il proprio contrario precedente del 2023.

Con la sentenza in esame, risalente allo scorso maggio, dando l’idea di voler porre un argine agli effetti che avrebbero potuto derivare dal vecchio orientamento, gli Ermellini hanno stabilito che “I contratti di mutuo contenenti clausole che, al fine di determinare la misura di un tasso d'interesse, fanno riferimento all'Euribor, stipulati da parti estranee ad eventuali intese o pratiche illecite restrittive della concorrenza dirette alla manipolazione dei tassi sulla scorta dei quali viene determinato il predetto indice, non possono considerarsi contratti stipulati in "applicazione" delle suddette pratiche o intese, in mancanza della prova della conoscenza di queste ultime da parte di almeno uno dei contraenti (anche a prescindere dalla consapevolezza della loro illiceità) e dell'intento di conformare oggettivamente il regolamento contrattuale al risultato delle medesime intese o pratiche; pertanto, va esclusa la sussistenza della nullità delle specifiche clausole di tali contratti contenenti il riferimento all'Euribor, ai sensi dell'art. 2 della l. n. 287 del 1990 e/o dell'art. 101 del TFUE”.

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Morte da infezione ospedaliera e profili di responsabilità della struttura sanitaria (Sentenza n. 258/2024 del Tribunale della Spezia)

Sentenza n. 258/2024 del Tribunale della Spezia, pubblicata il 12.03.2024, Giudice Dott. Gabriele Romano

Trattasi di delicato caso di responsabilità medica affrontato dal nostro studio, attraverso n. 2 cause civili patrocinate dall’Avv. Jacopo Alberghi, con articolato percorso giudiziario definitosi con sentenza di merito nel mese di marzo 2024.

Con il provvedimento in esame, il Tribunale della Spezia, nella persona del G.I. Dott. G. Romano, ha affrontato il complesso caso di una paziente di anni 93 ricoverata presso la struttura ospedaliera a causa della frattura del femore e poi deceduta, come dimostrato in giudizio, a causa di infezioni da germi nosocomiali.

L’Azienda sanitaria dal principio negava ogni responsabilità in merito al decesso della paziente.

Poiché ASL non riscontrava le richieste risarcitorie degli eredi, i figli della vittima, ravvisando invece svariate omissioni nelle condotte dei sanitari per come emergenti dalle cartelle cliniche, decidevano di procedere nelle opportune sedi giudiziarie.

Veniva quindi avviato, come da Legge Gelli, ricorso ex art. 696bis c.p.c. per l’accertamento tecnico preventivo tramite C.T.U. medico legale.

Gli attori esponevano in quella sede che la madre, di anni 93, era stata ricoverata ad ottobre 2020 presso la divisione di Ortopedia dell’Ospedale della Spezia a seguito di frattura del femore.

Dopo la dimissione la de cuius era stata però costretta a rivolgersi nuovamente alle cure del pronto soccorso, poiché fortemente sofferente.

Veniva quindi diagnosticata sepsi da infezione delle vie urinarie e da infezione di ferita chirurgica ortopedica, con disposizione di nuovo ricovero nel corso del quale veniva confermata l’infezione da

staphylococcus aureus.

La paziente, purtroppo, decedeva in ospedale in data 15 dicembre 2020.

A conclusione del procedimento per ATP ex art. 696 bis c.p.c., il Collegio peritale nominato confermava la piena responsabilità della struttura sanitaria convenuta, condividendo le doglianze rappresentate dagli attori.

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Riconoscimento e liquidazione del danno esistenziale cd. riflesso alla moglie: compromissione della vita sessuale in esito alle lesioni patite dal marito quale vittima primaria di colpa medica (Sentenza n. 942/2023 del Tribunale della Spezia)

Sentenza n. 942/2023 del Tribunale della Spezia, pubblicata il 29.12.2023, Giudice Dott.ssa A. Gherardi

 Trattasi di delicato caso di responsabilità medica affrontato dal nostro studio, con causa civile patrocinata dall’Avv. Jacopo Alberghi, di recente definitosi con sentenza.

Con l’interessante pronuncia in commento, il Tribunale della Spezia, nella persona del G.I. Dott.ssa A. Gherardi, affronta un complesso ed insolito caso di responsabilità medica, avente ad oggetto la configurabilità e la liquidazione del danno cd. esistenziale riflesso patito dalla moglie, in esito alle lesioni (disfunzione erettile) subite dal marito per errore medico.

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Possibile cumulare in unico ricorso congiunto le domande di separazione e divorzio? La risposta della Suprema Corte (Cass. civ. n. 28727 del 16 ottobre 2023)

Con un recente ed innovativo arresto, la Suprema Corte si è occupata dell’eventuale ammissibilità dei procedimenti congiunti di separazione e divorzio in caso di ricorso consensuale.

In occasione della Riforma Cartabia, intervenuta nel 2022, il legislatore sembrerebbe aver previsto la possibilità di farne richiesta contestualmente e mediante un unico atto.

La questione prende le mosse da un ricorso congiunto proposto da una coppia di coniugi dinanzi al Tribunale di Treviso: in sede di udienza di comparizione, il giudice istruttore evidenziava la presenza di gravi difficoltà interpretative, data la sussistenza di diversi e contrastanti orientamenti dottrinali e giurisprudenziali in punto di ammissibilità del cumulo delle domande proposte in via consensuale.

In virtù della complessità e delle ambiguità riscontrate in seno alla normativa vigente, il giudice di primo grado ha pertanto deciso di rimettere la questione alla Corte di Cassazione ai sensi del nuovo art. 363bis cod. proc. civ., al fine di scongiurare la persistenza di filoni giurisprudenziali di merito discordanti.

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Polizze assicurative: valida la clausola che prevede il risarcimento in forma specifica (Cass. civ., Sez. III, 27 luglio 2022, n. 23415)

Interessante pronunciamento della Suprema Corte inerente all’annosa questione circa la validità, o meno, della clausola contenuta in polizza assicurativa contro i danni che, a fronte di un risparmio sul premio assicurativo, determina in capo all’assicurato l’obbligo di rivolgersi ad una carrozzeria convenzionata con la propria assicurazione per la riparazione del veicolo danneggiato.

La vicenda vede il rigetto in primo grado della domanda attorea di condanna dell’assicuratore alla differenza che l’attrice aveva dovuto versare all’autoriparatore cui aveva ceduto il credito per il ripristino del proprio veicolo danneggiato da una grandinata.

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Danni cd. riflessi ai familiari della vittima principale: criteri di liquidazione del danno non patrimoniale spettante ai congiunti del soggetto macroleso (Cass. 13540/2023)

La pronuncia in esame tratta il caso di un motociclista che nel 2010, alla guida della propria Harley Davidson, in marcia su strada extraurbana, veniva violentemente investito da autovettura assicurata con una società rumena che, proveniente dalla opposta direzione di marcia, svoltava a sinistra per immettersi nell’area di parcheggio di un supermercato, omettendo dovuta precedenza alla moto.

Il conducente del motociclo riportava gravissime lesioni personali, che si traducevano in postumi permanenti accertati nella misura del 63% di I.P. (con danni permanenti agli arti inferiori, che gli precludevano una deambulazione autonoma senza l’utilizzo di stampelle canadesi o altri supporti, vistosi esiti cicatriziali, problemi di decubito, disturbo post traumatico da stress a carattere cronico).

Il giudizio veniva quindi introdotto dal motociclista e dai suoi prossimi congiunti (moglie convivente, i figli, entrambi conviventi col padre al momento del sinistro), i quali, pur non essendo stati direttamente coinvolti nel sinistro stradale, quali familiari della vittima principale, assumevano di essere stati di riflesso danneggiati dal fatto illecito.

Sia il Tribunale di primo grado, sia il Giudice di appello negavano (erroneamente, come si dirà infra) tout court ai familiari delle vittima principale il diritto al risarcimento dei danni cd. riflessi.

La Suprema Corte invece, accogliendo le doglianze dei familiari della vittima, sul punto ha avuto modo di chiarire che, in primis, “va tenuto in considerazione, quanto ai criteri da adottare per il riconoscimento e per la quantificazione del danno non patrimoniale alle vittime riflesse, che nel caso di specie oggetto della quantificazione non è il danno da morte del prossimo congiunto, e quindi da perdita del rapporto parentale, ma il danno che subiscono i congiunti in conseguenza delle lesioni – in questo caso gravissime- subite dalla vittima principale, tali da recare dolore e pena ai parenti, e da incidere pesantemente sullo svolgimento della vita quotidiana della intera famiglia”.

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