Legittimazione passiva nel caso di controversie relative alla retribuzione della formazione dei medici specializzandi, intervento delle Sezioni Unite (Sent. n. 30649/2018)

La Suprema Corte, nella sua più autorevole composizione, a risoluzione del contrasto giurisprudenziale in essere, ha confermato l’orientamento secondo il quale, in caso di azione giudiziale diretta a far valere l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo “ex lege” di trasposizione legislativa, nel termine prescritto, di direttive comunitarie non autoesecutive (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi), la legittimazione passiva spetta esclusivamente alla Stato italiano, e per esso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con la precisazione che in, caso di erronea evocazione in giudizio di un diverso organo dell’apparato statale, trova applicazione l’art. 4 della L. n. 260 del 1958, il quale deve essere correttamente interpretato nel senso che, qualora l’Avvocatura dello Stato non sollevi tempestiva eccezione con contestuale indicazione dell’organo legittimato, l'irrituale costituzione del rapporto giuridico processuale non potrà più essere eccepita dalla parte né rilevata d’ufficio dal giudice.

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Trasformazione di S.r.l. in S.p.A. e recesso del socio (Cass. n. 28987/2018)

La Suprema Corte, Sezione Prima, ha chiarito che nell’ipotesi di trasformazione di una società a responsabilità limitata in società per azioni, la disciplina del diritto di recesso applicabile ai soci è quella dettata dall’art. 2473, comma 1, c.c., che non prevede termini di decadenza; ne deriva che, ove l’atto costitutivo e lo statuto non ne determinino le modalità e i tempi, il recesso va esercitato secondo correttezza e buona fede, spettando al giudice di merito valutare le circostanze del caso concreto, in particolare con riferimento alla congruità del termine entro il quale il recesso è stato esercitato, tenendo conto della pluralità degli interessi coinvolti.

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Le Sezioni Unite sulla forma necessaria dell’appello in caso di domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale

Le Sezioni Unite, su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato che, nel regime dell’art. 19 del D.lgs. n. 150 del 2011, come modificato dall’art. 27 comma 1, lett. f) del D.lgs. n. 142 del 2015, l’appello avverso la decisione di primo grado sulla domanda volta al riconoscimento della protezione internazionale, sia in caso di rigetto che di accoglimento, deve essere introdotta con ricorso e non con citazione, con la precisazione che tale nuovo principio di diritto costituisce “overrulling” processuale sin dall’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 19 citato.

Sulla validità della delega orale per la sostituzione in udienza (Cass. n. 48862/2018)

La Suprema Corte, Sezione Prima, discostandosi dal recente pronunciamento contrario della Sezione Quinta (cfr. Cass. n. 26606/2018), con la sentenza in commento ha affermato la piena ritualità della designazione del sostituto processuale in forma verbale.

E’ noto che, ai sensi dell'art. 102 c.p.p., il difensore di fiducia e quello di ufficio possono nominare un sostituto con dichiarazione che, ai sensi del combinato disposto dell'art. 96 c.p.p., comma 2, e art. 34 disp. att. c.p.p., deve essere fatta verbalmente all'autorità procedente, ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata.

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Responsabilità della P.A. per mancata assistenza della forza pubblica (Cass. n. 24198/2018)

La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha confermato che l'omessa attuazione, da parte degli organi di polizia o delle altre amministrazioni a ciò preposte, dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria costituisce un fatto illecito in sede civile, e può costituire un delitto in sede penale.

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Le Sezioni Unite intervengono sui criteri per l’individuazione dei superstiti delle vittime del dovere (Cass. Sezioni Unite n. 22753/2018)

La questione sottoposta alle Sezioni Unite attiene all'individuazione dei familiari superstiti di vittime del dovere, mancando una specificazione nella normativa di cui alla L. n. 266 del 2005 (nozione in ordine alla quale, come evidenziato dalla Sezione Lavoro, si contrappongono due diverse interpretazioni), nonché alla corretta interpretazione dell'art. 82 (la cui rubrica recita "disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata") di cui alla L. n. 388 del 2000 ed alla possibilità di estendere i benefici previsti dalla normativa anche ai fratelli e sorelle non conviventi, così come previsto da tale norma, superstiti delle vittime del dovere di cui alla L. n. 266 del 2005.

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Legge Pinto: come determinare il valore della causa ai fini dell'equa riparazione del danno da durata non ragionevole del processo di esecuzione (Cass. n. 24362/2018)

La a Suprema Corte, Sezione Seconda, con sentenza n. 24362/2018, ha chiarito come nella individuazione della nozione di "valore della causa" ex art. 2 bis, comma 3, della legge n. 89/2001 e, in generale, tutte le volte che si debba avere riguardo al valore della causa ai fini dell'equa riparazione del danno da durata non ragionevole del processo di esecuzione, ai sensi della legge n. 89/2001, deve farsi ricorso, in via di interpretazione analogica, al criterio fissato dall'articolo 17 c.p.c. per l'individuazione del valore delle cause di opposizione all'esecuzione, ossia al valore del credito per il quale si procede e, precisamente, al valore del credito di cui al pignoramento.

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Resistenza a pubblico ufficiale, secondo le Sezioni Unite configurabile il concorso formale di reati nel caso di condotta di violenza o minaccia nei confronti di più pubblici ufficiali

Le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione hanno affermato che “in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra il concorso formale di reati, ai sensi dell’art. 81, comma primo, cod. pen., la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio mentre compiono un atto del proprio ufficio o servizio”.

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Le Sezioni Unite intervengono ancora sulla validità della clausola cd. “claims made”

Cassazione, Sez. Unite, 24/9/2018, n. 22437, Presidente: G. Mammone, Relatore: E. Vincenti

 

La Suprema Corte, nella sua più autorevole composizione, con sentenza n. 22437/2018, ha confermato che il modello dell'assicurazione della responsabilità civile con clausole "on claims made basis", volto ad indennizzare il rischio dell'impoverimento del patrimonio dell'assicurato pur sempre a seguito di un sinistro, inteso come accadimento materiale, è partecipe del tipo dell'assicurazione contro i danni, quale deroga consentita dall'art. 1917, comma 1, c.c., non incidendo sulla funzione assicurativa il meccanismo di operatività della polizza legato alla richiesta risarcitoria del terzo danneggiato comunicata all'assicuratore.

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Procedura di risarcimento ex art. 148 c.d. Codice delle Assicurazioni e termine per la presentazione di querela da parte della compagnia assicuratrice in caso di truffa (Cassazione penale n. 36942/2018)

Cassazione penale, Sez. Seconda, 27/4/2018, n. 36942, Presidente: M. Cervadoro, Relatore: S. Recchione

 

La Seconda Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 36942 del 27.4.2018, ha affermato che la contrazione a trenta giorni del termine ordinario per la presentazione della querela, da parte della compagnia assicuratrice, ai sensi dell’art. 148, D.lgs. n. 209/2005 (c.d. Codice delle Assicurazioni), si applica solo nel caso in cui sia stata attivata la procedura amministrativa prevista da detta norma, in mancanza della quale trova applicazione la disciplina ordinaria prevista dall’art. 124 c.p..

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